La maschera di Milano

La maschera qui rappresentata è Meneghino, è una maschera che viene dalla Lombardia precisamente da Milano.
Questa maschera è nata alla fine del Seicento.
Porta il tricorno, un cappello con tre punte, la parrucca con un codino, la giacca lunga rossiccia e marrone, i calzoni in cima al ginocchio verdi e in fondo le calze a righe rosse e bianche.
Sotto la giacca indossa una camicia gialla con ai bordi del pizzo e un fazzoletto intorno al collo.
Le scarpe sono marroni, della forma di una volta, con fibbia davanti. In mano porta un ombrellino rosa.
Il suo vero nome è Domenico, mentre il diminutivo è "Domeneghin".
Personifica la maschera milanese che risponde, sempre pronto, alle domande spiritose. 

                                               Il dialetto

Il dialetto Meneghino

Innanzitutto perché meneghino? 
Il termine deriva dal diminutivo di Domenico, Domenichino che si trasforma prima in Menego e poi in Meneghino. Come lingua parlata dai domenici, dal latino dominici, che appartengono al Signore, per estensione dai servitori, cioè usata da chi era uso servire, dal popolo minuto, come contrapposizione al latino o lingua dotta, parlata dalla nobiltà e da quanti avessero un potere da esercitare. Un'altra ipotesi si rifà sempre al vocabolo Domenichino, ma come nome derivante dall'uso invalso presso i milanesi dell'epoca di assumere temporaneamente, per il solo giorno di Domenica, un servo che permettesse loro, così, di ostentare, nelle giornate delle visite e dei ricevimenti, una dovizia di personale, in effetti inesistente. Il dialetto a Milano e dintorni è solo la lingua di chi lavora, di chi è sottomesso, e non come altrove la lingua di tutti gli abitanti di una zona. Il dialetto milanese pur avendo ovviamente fondamenta latine, risente degli influssi di quanti hanno governato, imponendo de facto, se non formalmente, i loro usi e il loro linguaggio. Abbiamo quindi parole di chiara origine gallica, gotica, longobarda, francese, spagnola, austriaca oltre ad altre che sembrano nate spontaneamente non riuscendo a scoprirvi radici straniere. I vocaboli che verranno via via citati, sono del dialetto milanese, parlato a Porta Cicca (Porta Ticinese), precisazione necessaria perché come tutti i dialetti anche quello milanese si differenzia a volte, anche se di poco, da zona a zona della stessa città. 
Il melegnanese, è una variante del dialetto milanese, con pronuncia che risente della vicinanza con il lodigiano. La caratteristica più appariscente è l’apertura della u che diventa spesso o che viene pronunciata aperta come la o di Benetton. 
Dalle più antiche radici celtiche derivano: 
cavagna = cesta, gerla dal celtico kavagna 
ciapà = prendere dal celtico hapà = prendere 
rusca = buccia dal celtico rusc = buccia 
forest = uno di fuori dal celtico fforest = selvatico. 
Espressioni che evidenziano le radici latine sono ad esempio: 
te du nagott = non ti do nulla 
se tornassimo indietro nel tempo, in pieno periodo aureo, il Cicerone di turno al popolano che gli avesse chiesto qualche cosa avrebbe risposto: “tibi do nec guttam” = non ti do neppure una goccia (per dire: non ti do nulla); da “tibi do nec guttam” al milanese te du nagott il passaggio è breve. 
Un altro modo di dire rimasto nel gioco dei bambini: 
arimortis = per indicare una richiesta di interruzione di un gioco. 
Il modo di dire ricorda l’uso latino delle arae mortis = gli altari della morte, elevati al termine della battaglia per onorare i caduti. Una indicazione sacra di tregua rimasta ormai solo nel linguaggio dei bambini. 
persigh = pesca dal latino (malum) persicum. 
pirla = membro maschile dal latino pilus (pestello) 
slepa = sberla dal latino alapa. Un antico latino che avesse voluto rifilare uno schiaffone a qualcuno gli avrebbe rifilato un’alapam (sberla) 
Esistono anche vocaboli di origine greca come 
usmà = odorare, annusare dal greco osmè (annusare) 
rüff= pattume, spazzatura, dal greco rupos (spazzatura) 
Dal provenzale si può far derivare: 
dumà = solamente, solo, dal provenzale Mà (solo) 
quatà = coprire, dal provenzale Descatar (coprire) 
setass = sedere, dal provenzale Sassetar (sedere) 
bufà = soffiare, dal provenzale Bufar (soffiare) 
Dal Longobardo derivano: 
grinta = grinta da ghign 
topich = inciampo, ostacolo 
sgurà = lavare con energia 
müchela = smettila, proveniente dall’originario mozzare 
magon = afflizione 
bicocca = tugurio, casa precaria 
Dallo spagnolo potrebbe derivare il termine 
panposs = pane raffermo 
pita = chioccia 
tumatis = pomodori, dallo spagnolo tomatos 
luc = stupido, dallo spagnolo loco ( il termine italiano allocco ha più un significato di imbambolato che di scemo, come il termine spagnolo intende. 
smursàa = spegnere, voce di origine basca (smorzar = spegnere) 
stremissi = spavento, dallo spagnolo Estremezo (spavento) 
Dal francese derivano: 
articiock = carciofo, dal francese Artichaut (carciofo) 
assè = abbastanza, es. veghen assè = averne a sufficienza, dal francese Assez (abbastanza) 
giambun = prosciutto, dal francese jambon (prosciutto) 
Dall’austriaco può derivare il termine 
baüscia = sbruffone, dal tedesco bauschen (pronuncia bauscien) = gonfiarsi 
ghell = soldo, dal tedesco geld, (pronuncia dura gheld ) = soldi, quattrini, moneta. 
scoss = grembo dal tedesco schoss = grembo Es. tirass el fiö in scoss prendere il figlio in grembo

Testi tratti dal sito  www.melegnano.net


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