Il
Pachiderma
|
Questa
pagina la voglio dedicare al mio animale della jungla
preferito,l'Elefante,sin da bambina ho sempre amato questa creatura
,colleziono ancora adesso tutti i tipi di elefanti,vetro legno ecc.
|
|
|
|
|
Elefante Nome comune dei più grandi mammiferi terrestri viventi: l'elefante indiano (Elephas maximus) e l'elefante africano (Loxodonta africana), appartenenti all’ordine dei proboscidati. Presenti nel Pleistocene in tutti i continenti fatta eccezione per l’Australia e l’Antartide, gli elefanti sono oggi limitati ad aree isolate del pianeta: all’India e a Ceylon quello indiano e ad alcune zone dell’Africa subsahariana quello africano. Si tratta di animali di proporzioni enormi, che tra i propri antenati annoverano mastodonti celebri come il mammut.
I maschi degli elefanti africani sono alti fino a 4 m e possono arrivare a un peso di 5,5 tonnellate, mentre le femmine raggiungono circa 2,8 m di altezza e 3,6 tonnellate di peso. Non avendo ghiandole sudoripare, amano rotolarsi in fiumi e stagni per rinfrescarsi. Il fango che si secca sulla loro pelle li protegge dal sole. |
|
|
|
|
|
CARATTERISTICHE FISICHE
Elefanti africani Le due specie di elefanti viventi differiscono l’una dall’altra per la taglia e per alcuni dettagli anatomici: l'elefante africano, più alto e massiccio di quello indiano, ha orecchie più grandi, la pelle più rugosa, il dorso diritto e lunghe zanne in entrambi i sessi; l'elefante indiano, più piccolo, ha una gobba all’altezza delle spalle, una fronte gibbosa, orecchie che non arrivano alle spalle e la proboscide dotata di un solo lobo terminale, anziché di due; le zanne, che nel maschio sono relativamente lunghe, nella femmina sono solo rudimentali. L’elefante africano può raggiungere i 4 m di altezza e i 7000 kg di peso; quello indiano, i 3 m di altezza e soltanto i 2500 kg di peso.
La cute
La cute, molto spessa e coperta di peli radi, è più scura nell’elefante indiano e più rugosa in quello africano. A differenza di tutti gli altri mammiferi, l’elefante non è dotato di ghiandole sudoripare: un’unica ghiandola cutanea, situata tra l’occhio e l’orecchio, ha funzioni di carattere sessuale. Il sistema attuato da questi enormi mammiferi per dissipare il calore consiste invece nell’arieggiare le orecchie, che infatti sono ampie e percorse da numerosi capillari sanguigni; il fatto che nella specie africana siano più grandi che in quella indiana dipende proprio dal clima, mediamente più caldo nell’areale della prima che in quello della seconda.
La proboscide
La proboscide è un organo muscoloso privo di supporto osseo, costituito dal naso e dal labbro superiore saldati insieme ed estremamente allungati. Nelle prime fasi del lungo periodo di gestazione di un elefante, all’interno dell’utero materno, il labbro e il naso appaiono ancora separati; si saldano a poco a poco nel corso dello sviluppo intrauterino. La proboscide viene utilizzata come strumento per portare alla bocca erba, foglie e acqua, per svellere alberi o altri ostacoli sul cammino, e per permettere la respirazione durante le immersioni in acqua; è usata inoltre per emettere richiami e per aspergere il corpo di polvere, come protezione dal calore e dai parassiti. Si tratta di un organo altamente sensibile, di cui l'animale si serve anche per individuare odori portati dal vento. Grazie ai lobi simili a dita che si trovano alla sua estremità e all'azione aspirante delle narici, l'elefante può raccogliere ed esaminare piccoli oggetti con estrema delicatezza. La versatilità e la precisione dei movimenti di questo gigantesco organo si devono principalmente allo straordinario numero di muscoli che esso contiene: circa 150.000, secondo i più recenti studi.
|
Percezione sensoriale
Dei cinque sensi, la vista è quello meno efficiente negli elefanti: gli occhi sono piuttosto piccoli e il capo è poco mobile, il che rende il campo visivo assai ristretto. Gli altri sensi sono tutti ben sviluppati. L'organo più sensibile è la proboscide, attiva nel captare dal terreno e dall'aria l'odore del cibo ed eventuali segnali di pericolo. È percorsa in tutta la sua lunghezza dai canali delle narici, che sfociano in una cavità nasale ricchissima di terminazioni nervose. L’efficienza dell’olfatto permette tra l’altro a un maschio di percepire l’odore di una femmina in estro anche a notevole distanza.
|
|
|
|
|
Zanne e denti
Le zanne, articolate al cranio, sono una coppia di denti incisivi superiori enormemente sviluppati. Il giovane elefante cambia il primo paio di incisivi tra i 6 e i 12 mesi di età; quelli nuovi, destinati a diventare le zanne, crescono a una velocità di circa 17 cm all’anno. In un maschio di elefante indiano, una zanna può misurare da 1,8 a 2,4 m di lunghezza e da 20 a 45 kg di peso; in un elefante indiano, una zanna è lunga mediamente 1,5 m e pesa 30 kg. La dentatura è ridotta a 4 molari, uno su ciascun lato delle mascelle; ciascuno di essi è una grossa piastra lunga circa 30 cm e larga 10. Quando si consumano per effetto dell'attrito, i primi quattro molari vengono rimpiazzati da altri più grossi. A circa 40 anni di età scendono in posizione i molari definitivi, che durano per circa 20 anni. Una volta consumata l’ultima dotazione di denti, l’animale, non più in grado di masticare il cibo, può morire di inedia. |
|
|
|
|
|
Elefante indiano e africano Le due specie attuali di elefanti si distinguono per diversi caratteri tra cui le orecchie, piccole nella specie indiana e più grandi in quella africana, e per il numero di lobi prensili della proboscide: due nell’elefante africano e uno in quello indiano. Gli esemplari qui raffigurati sono entrambi maschi; bisogna notare però che la femmina dell'elefante indiano è priva di zanne. |
Struttura delle zampe e locomozione
Nonostante il peso enorme, gli elefanti si muovono quasi senza fare rumore, con una straordinaria eleganza. Alla base del piede si trova infatti uno spesso cuscinetto di tessuto elastico, che serve ad assorbire il peso e consente all'animale di camminare eretto sulle dita. Normalmente gli elefanti procedono a una velocità di 6,4 km/h, ma possono raggiungere i 40 durante le cariche. Riescono a guadare facilmente fiumi e laghi, in quanto l'acqua sostiene il loro peso, consentendo loro di nuotare per lunghe distanze senza stancarsi. |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
RIPRODUZIONE E SVILUPPO
I maschi raggiungono la maturità sessuale intorno agli 11 anni, ma in genere non si accoppiano prima dei 30; a partire dai 20-25 anni di età, tutti gli anni, attraversano un periodo di particolare aggressività, accompagnato da un’intensificazione dell’attività della ghiandola presente ai lati della testa, che secerne una sostanza oleosa ricca di testosterone; si ritiene che questo tipo di comportamento sia da mettere in relazione con la conquista di un ruolo sociale da parte del maschio all’interno del suo gruppo.
Le femmine diventano sessualmente mature intorno ai 9 anni di età e si accoppiano intorno ai 15-16. Gli elefanti non sono monogami, ma formano coppie temporanee. Al termine della gestazione, che dura 21-22 mesi, nasce un unico piccolo alto circa 1 m e pesante 120 kg; in poche ore il nuovo nato è in grado di alzarsi in piedi e di attaccarsi ai capezzoli della madre e, nell'arco di qualche giorno, è pronto per unirsi al branco. In genere la madre trova validi aiuti nelle femmine anziane del gruppo per la cura e la protezione del piccolo, vulnerabile all'attacco di tigri e leopardi. Una femmina, nel corso della sua vita, dà alla luce dai 5 ai 12 piccoli.
|
|
|
|
|
|
Comportamento sociale dell'elefante.
Gli elefanti, che vivono in gruppi familiari molto uniti e di stampo matriarcale, possiedono complesse relazioni sociali e manifestazioni comportamentali che solo di recente i ricercatori hanno iniziato a comprendere. Ad esempio, sono stati colti in atteggiamenti festosi in occasione della nascita di un piccolo o dell'incontro con un altro membro del gruppo familiare cui appartengono; inoltre, come si osserva in questa sequenza, assumono un comportamento caratteristico, che si potrebbe interpretare come un'espressione di dolore, di fronte a un compagno morto.
|
COMPORTAMENTO E STRUTTURA SOCIALE
Gli elefanti sono animali gregari dal comportamento sociale complesso: vivono in branchi di 15-30 individui strettamente imparentati, guidati da una vecchia femmina chiamata matriarca. Il gruppo familiare è composto da sorelle, cugine, zie e nipoti e relativa prole; quando diventa troppo grande, alcuni membri se ne distaccano per fondarne uno nuovo. I legami tra i membri del gruppo appaiono evidenti nei casi in cui uno di essi se ne allontana anche solo per qualche ora: al ricongiungimento viene riaccolto con una ricca cerimonia di benvenuto. Quando il gruppo è minacciato da un predatore, si stringe intorno ai piccoli e agli elementi più deboli e lascia agire la femmina dominante. I maschi si allontanano dal branco delle femmine all’età di circa 6 anni, e prendono a vivere da soli o in piccoli gruppi di giovani che gravitano intorno alle femmine. I combattimenti tra maschi per la gerarchia all’interno del gruppo sono relativamente frequenti, ma poco cruenti.
Gli elefanti comunicano tra di loro mediante il tatto, l’olfatto e l’emissione di suoni. Secondo recenti studi, oltre che con barriti e brontolii, comunicherebbero anche attraverso infrasuoni di frequenza compresa tra i 5 e i 24 herz (il campo di udibilità dell’orecchio umano si estende approssimativamente dai 20 ai 20.000 herz). Sono dotati di una notevole intelligenza, di cui la proverbiale memoria è un’espressione. Si nutrono di fogliame, rami, frutti e corteccia, che strappano con la proboscide e le zanne; la scarsa efficienza del sistema digerente, che assimila solo metà delle sostanze ingerite, impone a questi animali di consumare enormi quantità di cibo: da 70 a 150 kg al giorno.
|
|
|
|
|
Linea evolutiva degli elefanti Il piccolo Moeritherium, o Moeriterio, simile a un tapiro, è il più antico antenato degli attuali proboscidati, i cui unici rappresentanti sono l'elefante indiano e quello africano. Da questo antenato si sviluppò Trilophodon, o Trilofdonte, vissuto tra il Miocene e il Pleistocene. Anche Deinotherium, o Deinoterio, con le zanne incurvate verso il basso, visse in epoca miocenica, mentre Platybelodon, o Platibelodonte, con zanne appiattite utili per estirpare le erbe acquatiche, fece la sua comparsa tra la fine del Miocene e il Pliocene. Il più grande proboscidato mai esistito fu il Mammut imperiale, diffuso durante il Pleistocene in Eurasia, Africa, Nord America, e dotato di zanne molto simili a quelle degli attuali elefanti.
|
|
|
|
|
|
|
|
EVOLUZIONE
Il primo antenato degli elefanti visse circa 65 milioni di anni fa nella zona dell’attuale Egitto; il suo nome era Moeritherium, ed era un animale delle dimensioni del maiale con il muso simile a quello di un tapiro. Da esso presero origine tre gruppi distinti, di cui sopravvive oggi soltanto la famiglia degli elefantidi che, comparsa circa 12 milioni di anni fa, vanta tra i suoi membri estinti anche il celebre mammut.
Un recente studio embriologico ha rivelato la possibile origine acquatica delle specie di elefantidi attuali. Analizzando un embrione e sei feti della specie Loxodonta africana, gli scienziati hanno osservato che nelle prime fasi dello sviluppo degli elefanti compaiono strutture dell’apparato escretore – i nefrostomi – tipici di taluni organismi acquatici. In genere i caratteri che si formano a uno stadio precoce dello sviluppo embrionale e che poi scompaiono sono residui ancestrali di strutture anatomiche presenti a uno stadio evolutivo precedente della specie in questione: così, i nefrostomi embrionali degli elefanti testimonierebbero che gli antenati di questi grandi mammiferi, circa 30.000 anni fa, erano animali marini, probabilmente affini per stile di vita agli attuali dugonghi. A conferma dell’ipotesi vi sarebbero dati etologici, paleontologici e biochimici: tra i primi, l’uso tuttora in auge presso gli elefanti della proboscide come boccaglio durante le immersioni; tra i secondi, il rinvenimento di fossili di presunti antenati degli elefanti, effettivamente acquatici; tra i terzi, una notevole affinità tra il patromonio genetico dei dugonghi e quello degli elefanti.
|
Struttura sociale degli elefanti.
Gli elefanti sono animali sociali, che si difendono dai predatori raggruppandosi in piccoli branchi guidati dalla femmina dominante. In caso di pericolo gli adulti si dispongono intorno ai piccoli, mentre la matriarca mette in fuga l'eventuale predatore oppure organizza la ritirata in formazione compatta.
Elefanti al lavoro Utilizzati come animali da lavoro fin dal II millennio a.C., gli elefanti indiani sono tuttora addestrati dall'uomo a svolgere lavori pesanti, come il disboscamento di territori di montagna. Vengono catturati quando sono ancora piccoli e chiusi in recinti; a ciascun elefante viene assegnato un guardiano, che gli sarà sempre accanto. L'addestramento incomincia quando l'elefante raggiunge i 14 anni di età; a 25 anni l'animale inizia il lavoro vero e proprio.
|
|
|
|
|
L’ELEFANTE E L’UOMO
Sebbene anche gli elefanti africani possano essere addestrati, la specie indiana ha sicuramente una tradizione più lunga al servizio dell'uomo. Impiegati come animali da lavoro fin dal II millennio a.C., in alcune zone del loro areale sono tuttora usati per svolgere lavori pesanti come l’abbattimento degli alberi, soprattutto nei territori di montagna. Oggi entrambe le specie sono a rischio di estinzione. La popolazione mondiale di questi mammiferi, che all’inizio del Novecento contava una decina di milioni di individui, è oggi ridotta a poche centinaia di migliaia. Causa del declino è stata soprattutto la caccia finalizzata al commercio dell’avorio delle loro zanne. Normative e provvedimenti internazionali vietano oggi il commercio dell’avorio al fine di garantire la conservazione della specie.
|
Classificazione scientifica: Gli elefanti costituiscono la famiglia degli elefantidi dell’ordine dei proboscidati, classe mammiferi, subphylum vertebrati, phylum cordati.
Microsoft® Encarta® Enciclopedia Plus 2002. © 1993-2001 Microsoft Corporation. Tutti i diritti riservati.
|
|
|
|
|