Il brutto anatroccolo
C’era una volta un bel laghetto di campagna, circondato dalle
canne, dai salici e da canali profondi. Era un posto selvaggio e
tranquillo, illuminato dai raggi dorati del Sole. In un’ansa del
laghetto, un’anatra aveva costruito il suo nido. Trascorreva
tutta la giornata a covare le sue uova, in attesa che ne
nascessero degli anatroccoli.
Un bel giorno, le uova cominciarono a schiudersi: “Pip Pip”
facevano gli anatroccoli, che per la prima volta nella loro vita
vedevano il Sole e l’acqua.
“Com’è grande e bello questo mondo” dicevano alla mamma;
“andiamo ad esplorarlo”.
“Dovete aspettare” disse loro la mamma anatra “c’è ancora un
uovo che si deve schiudere”. Ma l’uovo non ne voleva sapere di
schiudersi. Quel pomeriggio, passò di lì una vecchia anatra che
disse alla mamma: “Fammi vedere l’uovo; potrebbe essere un uovo
di tacchino: una volta ho perso una settimana con un uovo di
tacchino e non c’è stato verso di far entrare in acqua i
piccoletti. Sì, è proprio un uovo di tacchino! Al posto tuo il
lo butterei tra le canne e penserei ai miei paperotti”. Ma mamma
anatra continuò a covare l’ultimo uovo rimasto finché si
schiuse: ne uscì un anatroccolo molto più grosso degli altri ed
era brutto.
“Domani proverò a portarlo in acqua; se è un tacchino, lo
lascerò nei campi” si disse l’anatra. Ma il giorno seguente,
l’anatroccolo si tuffò e cominciò a nuotare insieme ai suoi
fratellini.
“Non è un tacchino!” esclamò la mamma “Guardate come muove bene
le zampe, e come si tuffa” disse a tutte le sue amiche.
Poi l’anatra radunò tutti i suoi piccoli. “Adesso vi porterò nel
pollaio, a conoscere i nostri vicini animali. Dovreste stare
vicini a me e non allontanarvi per nessuna ragione. E state
attenti al gatto”.
Ma quando entrarono nel pollaio, gli altri animali cominciarono
a fare confusione: “Ma chi è quel brutto anatroccolo? È così
grosso, ci fa paura! Non lo vogliamo”. La mamma anatra difese il
suo anatroccolo e lo prese vicino a sé. Anche le altre anatre
cominciarono a schernirlo: “Che bei piccoli mamma anatra, ma
questo qui, è così brutto”.
Il giorno dopo, gli animali ripresero a schernire il povero
anatroccolo. Trascorse un mese, ma le cose andavano sempre
peggio. Il brutto anatroccolo veniva scacciato dai suoi stessi
fratellini, il tacchino lo beccava e perfino mamma anatra, ogni
tanto, gli diceva “Se solo tu fossi nato lontano da qui,
staremmo tutti meglio”.
Così, l’anatroccolo volò oltre la siepe e lasciò la fattoria. Si
avventurò nella palude, abitata dalle anatre selvatiche e dagli
altri uccelli. “Sei molto brutto” gli dissero “ma a noi non
importa: basta che non ti sposi con uno dei nostri anatroccoli”.
Così il piccolo si fermò qualche giorno nella palude. Lì
incontrò anche due oche, che cercarono di convincerlo ad unirsi
a loro. Purtroppo, però, un cacciatore le centrò tutte e due con
la sua carabina. Perfino il cane del cacciatore, che stava
nuotando nella palude alla ricerca delle oche, non appena vide
l’anatroccolo scappò via.
Il giorno dopo l’anatroccolo scappò via dalla palude, per non
finire tra le grinfie dei cacciatori. Si rifugiò in una vecchia
casetta di contadini, in cui abitavano una vecchietta, un gatto
e la gallina. Quando la vecchietta si accorse dell’anatroccolo,
lo mise in prova: “Vorrei tanto mangiare delle uova di anatra.
Se ne farai qualcuna, potrai rimanere qui con noi”.
Ma il piccolo anatroccolo non fece alcun uovo; per di più,
litigava tutti i giorni con il gatto e la gallina: loro erano
convinti che il mondo finisse poco oltre il giardino della
casetta e quando l’anatroccolo parlava loro delle anatre
selvatiche e della fattoria lo trattavano come un matto.
Un bel giorno, l’anatroccolo si stufò di essere trattato così
male e decise di andarsene in giro per il mondo. Era autunno e
il piccolo camminò fino a raggiungere un lago. Lì si nascose tra
le canne, ad aspettare l’inverno. Con l’inverno, l’acqua in cui
nuotava cominciò a ghiacciare e il piccolo rimase incastrato nel
ghiaccio, senza nulla da mangiare. Un giorno, un contadino lo
trovò privo di sensi nel ghiaccio, lo prese e lo portò a casa,
ai suoi bambini. I piccoli volevano giocare un po’ con lui, ma
l’anatroccolo si spaventò a morte e scappò via. L’inverno fu
duro e il poveretto fece la fame tra le canne. Per fortuna
riuscì a sopravvivere al gelo!
Arrivò la primavera e finalmente l’anatroccolo uscì dal suo
rifugio per riscaldarsi un poco sotto i raggi del sole. Stava
nuotando nel lago quando vide tre cigni meravigliosi passare
proprio davanti a lui.
“Chissà cosa mi faranno” pensò il piccolo “sono così brutto che
vorranno uccidermi”. I cigni, appena lo videro, si avvicinarono
verso di lui agitando le loro piume bianche.
“Uccidetemi” pensò l’anatroccolo, chinando il capo sull’acqua.
Ma cosa vide? Nell’acqua argentata, come uno specchio, non vide
il brutto anatroccolo grigio che tutti gli animali avevano preso
in giro. Al suo posto c’era un bellissimo cigno bianco.
L’anatroccolo si era trasformato nel cigno più bello di tutti.
Del resto, che cosa importa essere nati in un pollaio di anatre,
quando si è usciti da un uovo di cigno?
I tre cigni che si erano avvicinati erano i suoi fratelli e il
piccolo si unì a loro. Da quel giorno, visse felice, senza
pensare a quanto aveva sofferto. Anzi, ogni volta che un bambino
si avvicinava a lui per dargli un pezzo di pane da mangiare
pensava tra sé: “Quando ero un brutto anatroccolo pensavo non
pensavo che la mia vita sarebbe stata tanto felice”.
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