Tagore nasce a Calcutta 6 maggio 1861
Premio nobel per la letteratura 1913
Muore a Calcutta nel 1941.
Credevo che il mio viaggio
fosse giunto alla fine
mancandomi oramai le forze.
Credevo che la strada
davanti a me
fosse chiusa
e le provviste esaurite.
Credevo che fosse giunto
il tempo
di trovare riposo
in una oscurità pregna
di silenzio.
Scopro invece che i tuoi
progetti
per me non sono finiti
e quando le parole ormai
vecchie
muoiono sulle mie labbra
nuove melodie nascono dal
cuore;
e dove ho perduto le tracce
dei vecchi sentieri
un nuovo paese mi si apre
con tutte le sue meraviglie.
-Da Gitanjali -
Afferro le sue mani
e la stringo al mio petto.
Tento di riempire le mie braccia
della sua bellezza,
di depredare con i baci
il suo dolce sorriso,
di bere i suoi bruni sguardi
con i miei occhi.
Ma dov'è?
Chi può spremere l'azzurro dal cielo?
Cerco di afferrare la bellezza;
essa mi elude
lasciando soltanto il corpo
nelle mie mani.
Stanco e frustrato mi ritraggo.
Come può il corpo toccare
il fiore che soltanto
lo spirito riesce a sfiorare?
Chi sei tu, lettore che leggi
le mie parole tra un centinaio d'anni?
Non posso inviarti un solo fiore
della ricchezza di questa primavera,
una sola striatura d'oro
delle nubi lontane.
Apri le porte e guardati intorno.
Dal tuo giardino in fiore cogli
i ricordi fragranti dei fiori svaniti
un centinaio d'anno fa.
Nella gioia del tuo cuore possa tu sentire
la gioia vivente che cantò
in un mattino di primavera,
mandando la sua voce lieta
attraverso un centinaio d'anni.
Hai colorato
i miei pensieri
e i miei sogni,
con gli ultimi riflessi
della tua gloria,
Amore,
trasfigurando
la mia vita
per la prossima bellezza
della morte.
Come il sole,
al tramonto,
ci lascia intravedere
un angolo di cielo,
hai mutato il mio dolore
in gioia immensa.
Per incanto, Amore,
vita e morte
sono diventate
per me
la stessa grande
meraviglia
Dirò il Tuo nome
sedendo solitario tra l'ombra dé miei silenziosi pensieri.
Lo dirò senza parole, lo pronuncerò senza proposito.
Giacchè io somiglio a bimbo che chiami la madre cento volte,
felice di poter dire: "Mamma."
Nella mia vita giovenile
somigliavo ad un fiore
ad un fiore che possa, nel suo rigoglio, perdere senza pena uno
o due petali,
quando la brezza primaverile picchia limosinante alla sua porta.
Or, sul tramonto, somiglio ad un frutto,
che non ha nulla da prodigare, e vuole offerirsi intero,
così com'è, grave di dolcezza.
Era un giorno in cui non mi ero preparato per riceverti. Entrando nel mio cuore come un qualsiasi non invitato sconosciuto imprimesti il segno dell'eternità agli attimi fuggenti della mia vita. Oggi per caso faccio luce su di essi vedo il tuo sigillo e li scopro perduti nella polvere mescolati con le gioie e i dolori dei giorni futili e dimenticati. Allora tu non ti allontanasti con disprezzo dai miei giochi infantili nella terra e i passi che sentii nella stanza sono gli stessi che oggi sento risuonare di stella in stella. -Da Gitanjali-